Intelligenza artificiale: Financial Times e OpenAI firmano un accordo per i contenuti

May 05, 2024

Il Financial Times, come riportato dal comunicato ufficiale, ha un accordo con OpenAI per concedere a questa società i contenuti del portale. Obiettivo? Addestrare modelli di intelligenza artificiale. Questo è l'accordo siglato tra la start up sostenuta da Microsoft e uno dei più grandi siti del web.

Oltre a concedere i contenuti per aiutare ChatGPT a migliorare gli output, il Financial Times consente di rispondere alle domande poste dagli utenti con brevi riassunti degli articoli. Seguiti da link alla fonte.

La corsa verso l'intelligenza artificiale

Da un lato ChatGPT può accedere senza temere ripercussioni legali ai contenuti del FT; dall'altro il portale può contare su una visibilità extra, conferita da platea di 180 milioni di utenti (Reuters).

D'altro canto sembra che il Financial Times strizzi l'occhio da sempre a queste tecnologie. Ad esempio, sappiamo che il portale è già cliente di ChatGPT Enterprise e ha sviluppato un proprio programma di intelligenza artificiale Ask FT, in versione beta, basata sul modello linguistico Claude di Anthropic.

Quindi, il Financial Times si aggiunge agli altri protagonisti dell'informazione internazionale che hanno già chiuso accordi simili con OpenAI nell’ultimo anno. Il FT, infatti, è stato preceduto dall'Associated Press americana, dai gruppi editoriali Axel Springer e Prisa Media. Senza dimenticare il Le Monde.

Quali sono gli accordi finanziari dell'accordo?

Non sono noti. Però, secondo The Information, OpenAI offre cifre che variano da 1 e 5 milioni di dollari all'anno per utilizzare articoli protetti da copyright per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale.

 Perché questo equilibrio conviene a tutti?

La spiegazione arriva direttamente da John Ridding, chief executive del Financial Times che nel comunicato ufficiale chiarisce con parole nette la posizione del gruppo editoriale:

"It’s right, of course, that AI platforms pay publishers for the use of their material. OpenAI understands the importance of transparency, attribution, and compensation — all essential for us. At the same time, it’s clearly in the interests of users that these products contain reliable sources".

È giusto che le piattaforme di intelligenza artificiale come ChatGPT paghino gli editori per l’utilizzo del materiale. E dal punto di vista del Financial Times, OpenAI ha dimostrato attenzione per trasparenza, attribuzione e remunerazione dei contenuti. Che devono far riferimento a fonti affidabili.

Non tutti sono d'accordo con OpenAI

Mentre aumentano i gruppi editoriali che vendono i diritti a OpenAI per utilizzare i contenuti pubblicati sulle pagine web in fase di addestramento, c'è chi rifiuta l'offerta e la rispedisce al mittente.

Il New York Times è stato il primo gruppo mediatico statunitense a citare in giudizio OpenAI e Microsoft, sostenendo che avevano sfruttato gli articoli del portale per costruire i modelli alla base di ChatGPT. Ci sono state discussioni su possibili accordi per diverso tempo ma non c'è stata una soluzione utile.

Perché abbiamo dei comportamenti opposti? In primo luogo ricordiamo che le cifre proposte da OpenAI per utilizzare i contenuti coperti da copyright sono inferiori rispetto a quelle di altre società come la stessa Apple. Ma non è solo una questione economica, anche il posizionamento di mercato conta.

Il New York Times è una media company completa che spazia dalla pubblicazione di articoli, ai report fino alle indagini giornalistiche e ai podcast. In sintesi, se sei in una posizione dominante mantieni il tuo status e lo difendi. Al massimo, ti fai la tua LLM e inizi a fare concorrenza su questo fronte.

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