Perché il New York Times ha fatto causa a OpenAI?

Dec 31, 2023

La notizia è di quelle che possono fare la differenza e creare dei precedenti storici: il New York Times, uno dei quotidiani più importanti del globo, fa causa a OpenAI e alla Microsoft. Motivazione? Basta leggere il sottotitolo dell'articolo pubblicato proprio sulle pagine del suo sito web. Ecco l'estratto:

"Millions of articles from The New York Times were used to train chatbots that now compete with it, the lawsuit said".

Non basta questo per avere un quadro completo ma la sintesi è definita: c'è stata una violazione del copyright. Milioni di articoli del New York Times sono stati utilizzati per addestrare il chatbot che ora fa concorrenza al quotidiano americano (anche con edizione internazionale) fondato nel 1851.

Una precedente opzione risolutiva

La denuncia è solo l'ultima azione di un problema noto che il New York Times ha sollevato già all'inizio del 2023, e ad aprile - sempre secondo il quotidiano - è stato tentato un approccio risolutivo pacifico .

Ma non c'è stata possibilità di raggiungere un accordo. Nel frattempo il NYT incalza, sottolineando che OpenAI procede in questa direzione su tutti i fronti e diversi produttori di contenuti - tipo Jonathan Franzen e John Grisham - si muovono per contrastare l'appropriazione indebita del proprio lavoro.

Anche per questo motivo il New York Times ha inserito, nel suo robots.txt, il comando per impedire la scansione dei suoi contenuti ai crawler di ChatGPT. Lo stesso fanno BBC, CNN e Reuters usando:

User-agent: GPTBot
Disallow: /

User-agent: ChatGPT-User
Disallow: /

Quali sono le richieste del Times?

La causa verso OpenAI e Microsoft, depositata presso il tribunale distrettuale federale di Manhattan, non ha espresso una richiesta specifica in termini di risarcimento monetario ma lascia intendere alcuni punti.

"This action seeks to hold them responsible for the billions of dollars in statutory and actual damages that they owe for the unlawful copying and use of The Times’s uniquely valuable works".

Gli imputati dovrebbero essere ritenuti responsabili di danni legali ed effettivi per miliardi di dollari che sono collegati all'attività di copia e uso illegale delle opere di valore. Anche perché, ricorda sempre l'accusa, l'utilizzo gratuito della preziosa proprietà intellettuale è stato estremamente redditizio.

Al possibile risarcimento danni si aggiunge un'ulteriore richiesta da parte del NYT: distruggere qualsiasi modello di chatbot e i dati di formazione che utilizzano materiale protetto da copyright del Times.

La reazione di OpenAI all'azione legale

Chiaramente, dopo un colpo così plateale c'è stata una contromossa di OpenAI che si è espressa attraverso le parole della portavoce Lindsey Held che ha inviato un'email al magazine online The Verge:

“We respect the rights of content creators and owners and are committed to working with them to ensure they benefit from AI technology and new revenue models, our ongoing conversations with the New York Times have been productive and moving forward constructively, so we are surprised and disappointed with this development”.

In estrema sintesi, sembrano sorpresi. Dopo una prima dichiarazione in cui si sottolinea l'impegno a rispettare i diritti di creatori e proprietari di contenuti per garantire nuovi modelli di reddito, traspare la sorpresa nel notare l'azione del NTT nonostante fossero in corso delle conversazioni per trovare un accordo. Cosa che sta avvenendo, secondo la portavoce, anche con altri editori. Ad esempio?

Axel Springer, proprietario di Business Insider, permette a ChatGPT di estrarre informazioni dalle sue fonti. E l'Associated Press consente di addestrare i modelli di OpenAI sulle sue notizie per i prossimi due anni.

Cosa dobbiamo aspettarci?

I confini del copyright vengono messi alla prova dall'avvento di nuove tecnologie e questo sta avvenendo a causa dell'intelligenza artificiale. L'aspetto che fa la differenza in quest'azione legale è il fatto che OpenAI viene considerato dal New York Times come un concorrente, una fonte affidabile di informazioni.

In passato, anche Google e i social network sono stati visti così dai quotidiani: perché dovrei andare su un giornale online per leggere un intero articolo quando posso risolvere al volo leggendo qualche titolo?

Oggi il rischio arriva dall'AI: voglio informarmi, chiedo a ChatGPT e ottengo una sintesi. Magari alimentata proprio dagli articoli di quotidiani come il New York Times. È chiaro, quindi, che questa causa potrebbe diventare la disputa per eccellenza - il terreno di scontro - tra intelligenza artificiale ed editoria.

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