Josè Compagnone. Per una tecnologia più democratica.

Feb 27, 2021

Nel mio Live Show di giovedì 25 febbraio ho avuto un grande ospite: Josè Compagnone, esperto di UI e UX. Per dirlo con parole semplici, Josè si occupa di interfacce digitali e dell’esperienza degli utenti. A suo parere, se la user experience è un termine ormai abusato, non si parla mai di bad experience, perché i problemi legati all’usabilità si vedono solo quando ci sono: quando non ci sono, invece, significa che è stata fatta un’ottima catalogazione degli errori e che è stato risolto tutto. Un altro tema di cui si parla da tempo è l’umanizzazione delle interfacce: dal suo punto di vista l’unica cosa che conta è che l’azienda, comunicando anche attraverso il digitale, deve essere in grado di trasferire informazioni, fatti e notizie importanti per l’utente in modo che questo comprenda le argomentazioni di vendita, i vantaggi e la convenienza di un dato prodotto.

Il fatto è che l’azienda ha tante cose da dire a fronte di uno spazio molto ridotto, che è quello dello schermo. Senza contare che l’interfaccia dovrebbe essere umanizzata, cercando di far percepire all’utente che dietro c’è un’azienda, ci sono persone, c’è sacrificio e impegno. Ciò che Josè dice sempre ai suoi clienti è che sarebbe fantastico se potessero uscire dallo schermo per fare una presentazione aziendale. Ovviamente questo non è ancora possibile, per cui all’interno di un piccolo schermo bisogna cercare di condensare tutto ciò che serve trasferire all’utente affinché questo, consapevolmente, possa capire se è di fronte a un’azienda seria o meno e se il prodotto o il servizio che offre vale davvero. E non si tratta di una cosa facile.

Oltretutto c’è da considerare che possono anche esserci difficoltà legate alla rete, per questo ho chiesto a Josè se quando arriverà il 5G avremo risolto il problema delle infrastrutture in Italia. Lui spera che sarà così, in quanto i contenuti diventano sempre più importanti: specialmente il video rappresenta da tempo e sarà sempre in futuro una forma di contenuto fondamentale, perché con l’audiovisivo è molto più semplice trasferire informazioni complesse e strutturate che con un testo o un’immagine. Le aziende che offrono servizi strutturati, infatti, riescono a cavarsela molto meglio con un video che con altri tipi di contenuti. Ma naturalmente, oltre all’audiovisivo, è necessario tenere presenti le applicazioni. E i telefoni devono tenere il passo rapido delle connettività più evolute: Josè si augura che ciò riesca ad assurgere a logica distribuita, cioè che nel momento in cui arriva l’innovazione, questa possa essere disponibile per tutti.

A questo proposito, Josè ritiene che l’Italia vada a diverse velocità e spiega questo concetto con un esempio: se prendiamo un treno a Milano e facciamo degli speed test, man mano che scendiamo lungo il Paese la situazione peggiora. In questo senso il problema sta nella democratizzazione, che consiste nel rendere l’innovazione accessibile per tutti. Con un altro esempio, Josè parla delle scuole: molte persone in casa hanno un solo smartphone, che i ragazzi devono condividere con gli altri membri della famiglia per fare didattica a distanza. Ed è inconcepibile che nel 2021 ci siano ancora una serie di problemi di connettività. Perciò, secondo Josè, nel momento in cui arriva un segnale forte, questo dovrebbe aiutarci a sviluppare meglio i contenuti, ad arrivare più rapidamente alle persone, ma soprattutto ad aiutarle a far parte della rete.

Riguardo il tema dell’innovazione, alle volte nei webinar con tecnici e persone “esperte” Josè ha la sensazione che ci si parli addosso e che la tecnologia stia avanzando troppo velocemente rispetto all’adoption: gli addetti ai lavori tendono sempre a vedere l’adozione della tecnologia dal punto di vista degli addicted come loro, ma poi ci si accorge che le persone fanno ragionamenti molto più semplici di quanto si possa pensare. Lui si accorge di questo quando fa dei test con gli utenti: si pensi che ci sono utilizzatori di alcuni sistemi Windows che fanno due volte click con la manina per selezionare un elemento, quando basterebbe farlo una volta sola. E non si tratta necessariamente di persone in là con l’età. Quindi secondo Josè bisognerebbe ristabilire gli equilibri, ossia non andare troppo avanti per non rischiare di perdere le persone che si trovano indietro.

La sua convinzione è che una delle più grandi forme di innovazione sia quella sociale, che ha la capacità di tradurre questo mondo così complesso e strutturato in modo più semplice, per quanti non hanno ancora dimestichezza con la tecnologia: una traduzione che magari permette di andare incontro a chi in ambito business ha maturato posizioni importanti, ma che non riesce ancora a dominare il cambiamento e a cogliere le opportunità del web. In altre parole serve la capacità di portarsi ai livelli di queste persone, affinché anche loro possano comprendere qual è la modalità migliore per fare uno scatto in avanti. Ad esempio il local marketing potrebbe aiutare i piccoli esercenti, che rappresentano la base del nostro tessuto imprenditoriale. Ma questi non conoscono strumenti utili come Google My Business, una scheda gratuita che offre moltissime opportunità. E se non conoscono questi strumenti non partecipano, con la conseguenza che arretrano nella “catena alimentare” e ci sarà sempre qualcuno pronto ad attaccarli e a batterli nel business.

A questo punto ho chiesto a Josè cosa ne pensa di Clubhouse e lui è assolutamente entusiasta rispetto a questo nuovo modo di comunicare che ritiene ideale per gli audaci, che hanno contenuto e struttura. Naturalmente afferma che siamo ancora in una fase in cui le persone stanno sperimentando molto, perché ci sono room con titoli a dir poco sui generis. Ma in fin dei conti si tratta di un social che fa una grande scrematura, perché tutti i leoni da tastiera abituati a pensare a lungo al contenuto da pubblicare e a nascondersi in questo caso sono davanti a uno strumento che obbliga a tirare fuori la voce. E siccome quest’ultima non mente, se non si è validi si capisce subito, mentre se si dicono cose serie e sensate si viene apprezzati. Questo può aiutare moltissimo anche i brand a emergere e a guadagnare, naturalmente se hanno dei testimonial interessanti ed efficaci. Perciò siamo di fronte a una nuova platea che va attenzionata, da non discriminare né trascurare. In breve, per lui Clubhouse è un media potentissimo, anche se deve ancora maturare.

Per concludere, Josè parla della sua esperienza di formatore: ha molte ore di didattica settimanale che utilizza per spiegare alle persone ciò che sa fare, sperando di aiutarle a immergersi in questa nuova professione con consapevolezza. Ma più va avanti più si rende conto di un grande problema: queste professioni, pur essendo complicate, non vengono riconosciute adeguatamente, se si escludono i guru di turno ai quali viene dato un certo merito. Lui insegna a molti ragazzi che faticano a emergere e alcuni magari lavorano per cinquanta euro settimanali alla comunicazione di un’azienda. Di conseguenza secondo lui bisogna parlare di cultura digitale, aiutando anche gli imprenditori più disinteressati a capire che devono comprendere necessariamente il valore delle professionalità che lavorano per loro.

Perché è necessario capire che la comunicazione spesso può cambiare le sorti di un’azienda, grazie a campagne che richiedono pochi euro al giorno ma che rendono anche milioni di fatturato. Con un ultimo esempio, Josè parla dei giuristi che studiano tematiche affrontate anni fa, avendo a disposizione una cultura enorme. Al contrario, chi fa il suo mestiere non ha un “bagaglio” a disposizione, perché la cultura digitale è dei nostri tempi. Il suo augurio è che tra vent’anni le persone studino sul suo libro o che comunque facciano riferimento a eminenti esponenti che oggi passano un po’ sottotono, i quali magari non si rendono nemmeno conto di quanto sia importante ciò che stanno facendo come precursori della cultura digitale. Insomma, siamo ancora in una fase molto sperimentale, per cui si deve insistere per fare in modo che la cultura digitale diventi un bene comune per tutti.

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