Fare acquisti su un e-commerce inquina? Con Marco Biasin.

Jan 24, 2023

Il podcast del Caffettino della scorsa settimana preferito dalla mia community è stato quello di sabato 21 gennaio, in cui ho chiesto all’imprenditore ed e-commerce manager Marco Biasin se gli e-commerce inquinano o meno.

Marco inizia citando Fabio Iraldo, professore ordinario di Management presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, secondo il quale l’e-commerce non è nato per salvare l’ambiente. Ad ogni modo, Marco afferma che gli e-commerce inquinano soltanto in determinate circostanze e non rappresentano affatto il male assoluto come a volte si crede. Infatti, stando a una ricerca statistica, l’e-commerce inquina meno quando il cliente per comprare offline deve percorrere più di 15 chilometri: in questo caso, comprando online, si riducono le emissioni di CO2 dovute al viaggio. Ma il vero problema degli e-commerce non sono tanto i trasporti, quanto la gestione del catalogo.

Questo perché molti e-commerce riempiono i magazzini di prodotti, per mettere il cliente al centro ma lasciando in secondo piano il rispetto dell’ambiente: così tutti i prodotti invenduti tendenzialmente vengono distrutti. E anche le società benefit, che hanno un impatto sostenibile, devono trovare un compromesso tra la salvaguardia dell’ambiente e un utente inconsapevole dell’impatto ambientale che hanno i suoi comportamenti d’acquisto. L’indagine di un gruppo indipendente giornalistico rivela come 100 smartphone invenduti e poi distrutti abbiano un’impronta ambientale pari a due piscine olimpioniche colme d’acqua e a quattro viaggi da Milano a Pechino in automobile.

Ma perché i prodotti non venduti devono essere distrutti? La ragione, per Marco, è che ad oggi non esistono politiche o leggi che sfavoriscano il reso, perciò il cliente tende a comprare un prodotto per poi mandarlo indietro. E questo prodotto, poi, non può più essere rimesso in circolazione. Per questi motivi, Marco invita sempre gli e-commerce a spiegare ai propri clienti che cosa significa in termini d’impatto sull’ambiente il loro comportamento d’acquisto. È un tema di comunicazione e di consapevolezza: con un esempio, chi vende online dovrebbe aiutare gli utenti a comprendere che è meglio aspettare per ricevere un prodotto piuttosto che averlo il prima possibile.

Infatti, secondo un’altra statistica, la consegna lenta (cioè in tre giorni invece che in uno) significa una riduzione pari al 300% delle emissioni di CO2: una consegna più rapida equivale a un maggior numero di mezzi in circolazione, dato che lo spazio di un furgone è sempre il medesimo e se bisogna consegnare la stessa quantità di prodotti a più persone è anche necessario usare più veicoli. Quindi gli e-commerce hanno il dovere di invitare i clienti a trovare un compromesso tra i loro desideri e le necessità dell’ambiente. Ma c’è anche un altro argomento che sta a cuore a Marco: i siti e-commerce sono appoggiati agli hosting, ossia ai server, che consumano energia.

Perciò è meglio acquistare da siti che si appoggiano a green hosting, che utilizzano energie rinnovabili, invece che da siti pesanti che ci mettono più tempo a caricare consumando più energia. Ma oltre ai server, anche il packaging impatta sull’ambiente: uno studio del Consorzio Corepla evidenzia come il 15% della plastica messa in consumo provenga proprio dagli e-commerce. Ma per concludere con una nota di speranza, Marco cita un dato che mostra come le persone siano sempre più sensibili rispetto al tema ambientale: Shopify afferma che gli e-commerce che seguono una politica sostenibile e la comunicano bene hanno un impatto sul cliente pari al 40%. 

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