Israele e Hamas, fake news e disinformazione si diffondono sui social

Oct 15, 2023

Il conflitto tra Israele e Hamas rappresenta un terreno complesso anche dal punto di vista della comunicazione online. Infatti, è ormai palese che i social media sono una fonte costante di fake news e disinformazione impossibile da gestire. Soprattutto durante questa terribile vicenda.

Non è la prima volta che una battaglia si sposta sul terreno della propaganda online, i social media giocano un ruolo di primo piano per influenzare l'opinione pubblica. Mentre si consumava uno degli attacchi più duri registrati negli ultimi 50 anni, entrambe le parti in causa pubblicavano video.

Si descrivono azioni militari, magari chiedendo supporto alla popolazione. Nel frattempo i social sono invasi da video non verificati, spacciati come fonti ufficiali. E a volte non sono neanche reali.

Gli esempi di disinformazione sui social

Un tempo il luogo migliore per informarsi su eventi di portata internazionale era Twitter. Oggi sembra che le cose siano cambiate e anche profondamente. Infatti, gran parte dei contenuti è disinformazione.

Uno degli account più attivi (segnalato da Wired) nel lavoro di debunking è Shayan Sardarizadeh, giornalista della BBC specializzato in queste operazioni che ha scoperto, Ad esempio, che alcuni account hanno diffuso delle immagini di un videogioco spacciandole per un attacco militare.

tweet conflitto

A complicare lo scenario c'è sicuramente la nuova politica intrapresa da Twitter, ora X, che permette a tutti di avere la spunta blu di verifica a pagamento e monetizzare la propria attività. Senza dimenticare il comportamento specifico di Elon Musk che pochi giorni fa ha suggerito di seguire due account su Twitter per rimanere aggiornati sul conflitto tra Hamas e Israele: @WarMonitors e @sentdefender.

Purtroppo, questi progetti editoriali sono noti per la diffusione di fake news come quella riportata a maggio in cui si parlava di un'esplosione nella Casa Bianca. Musk ha cancellato il post dopo tre ore (fonte Yahoo) ma è stato visualizzato da 11 milioni di utenti e la notizia è stata riportata da decine di giornali.

Mai come in questo periodo stiamo subendo l'imposizione comunicativa di piattaforme che non hanno più i connotati iniziali tipici del social network: sono strutture pensate per monetizzare e trasformare i contenuti in visualizzazioni utili. C'è da sottolineare che non tutti si muovono allo stesso modo.

Telegram e i contenuti di Hamas

Molte piattaforme devono fare i conti con le regolamentazioni che sanzionano determinati comportamenti in termini di contenuti. Proprio X deve affrontare una richiesta d'informazione mossa dal commissario Ue Thierry Breton per verificare gli standard relativi a disinformazione e hate speech. Detto in altre parole, i social network corrono ai ripari e cercano di tamponare la falla.

Ma non tutti. Telegram mantiene la sua decisione di non censurare né i contenuti, né gli account collegati ad Hamas. Il CEO Pavel Durov difende la sua scelta sottolineando, in primo luogo, la differenza tra un qualsiasi social e Telegram dove vedi solo i contenuti dei canali che vuoi seguire.

Poi, come riporta Techcrunch, Durov sottolinea che l'AI già permette di ripulire la piattaforma dai contenuti scabrosi e pericolosi ma chiudere i canali palestinesi sarebbe un errore dal punto di vista dell'amministratore delegato. Perché porterebbe al collasso della situazione comunicativa.

Earlier this week, Hamas used Telegram to warn civilians in Ashkelon to leave the area ahead of their missile strikes. Would shutting down their channel help save lives — or would it endanger more lives?

Queste sono le parole usate da Durov. Hamas ha usato Telegram per avvertire i civili ad Ashkelon di lasciare l’area prima degli attacchi missilistici. Chiudere il canale aiuta a salvare vite umane o ne mette in pericolo altre? C'è da aggiungere che, nel frattempo, Telegram ha registrato un'impennata di iscritti.

Hanno aggiunto addirittura il supporto per la lingua ebraica. E non avendo, di fatto, una reale censura permette la diffusione di video terrificanti diventando una directory per le condivisioni su qualsiasi altra piattaforma, da X a TikTok. Rendendo sempre più difficile per l'utente medio farsi un'opinione.

Il ruolo dei professionisti online

Oggi è necessario puntare sui professionisti della comunicazione e sulla possibilità di avere delle fonti affidabili per trovare riferimenti ufficiali, verificati, credibili. Il lavoro di demistificazione e confutazione di notizie false sui social è sempre più difficile e delicato, soprattutto durante eventi così complessi.

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